“L’INVITO” DI MARCO RASSU

Buongiorno cari lettori, 🙂

oggi vi vorrei parlare di  un breve romanzo, L’Invito, che l’autore Marco Rassu mi ha gentilmente inviato e che ringrazio, edito da 42book.

Il titolo del libro rispecchia quello che è il suo scopo sin dalla copertina.

L’autore infatti vuole invitare concretamente il lettore a immergersi nelle riflessioni contenute nel suo racconto e a cercare insieme a lui la verità sulle questioni della vita, attraverso il dialogo e l’incontro interculturale con altri personaggi.

Marco Rassu infatti costruisce una storia di fantasia facendo incontrare, in una riunione fuori dagli schemi, dei personaggi che fungono da stereotipi per esporre punti di vista differenti sulle questioni affrontate nei vari capitoli che compongono il libro: troviamo infatti il milionario di Wall Street, per il quale, ad esempio, il tempo è denaro e non si può trovare la felicità se non attraverso il benessere materiale, che permette di comprare ciò che la società ci convince di avere bisogno; l’operaio, per il quale il lavoro non è una passione, ma un qualcosa che gli è capitato, e che gli serve per arrivare a fine mese; il prete, per il quale l’amore è la chiave per essere felici; o l’abitante della Papua Nuova Guinea che vive secondo i ritmi della natura e gode appieno del presente.

Ciascuno di questi personaggi serve come spunto di riflessione per il surfista, ovvero l’autore stesso e il protagonista della storia, che arricchisce la narrazione attraverso flashback autobiografici, costruendo il racconto sul proprio personale vissuto.

RECENSIONE

Devo ammettere che all’inizio della lettura ho faticato un po’ ad addentrarmi nel racconto, che si apre con una serie di riflessioni sul valore del tempo (e quindi con conclusioni quali “il tempo è denaro”, “il tempo è prezioso solo se vissuto con intensità”, “il tempo è una creazione dell’uomo”), del successo, delle ambizioni e avevo timore che sarebbe stata una serie di teorie abbastanza comuni presentate sotto forma di riflessione filosofica.

Dopo un po’ però mi sono ricreduta, anche perché ho trovato la chiave giusta attraverso cui interpretare l’intera storia costruita dall’autore, perché ciò che viene pronunciato dai personaggi deve essere preso come spunto di riflessione e non come un desiderio di dimostrare una verità assoluta.

Si tratta un flusso di pensieri che sono scaturiti all’autore negli anni in cui ha viaggiato e girato il mondo, interrogativi che si è posto nel corso della sua vita e che ha voluto mettere per iscritto per invitare il lettore a fare lo stesso.

Ciò che viene pronunciato dagli altri personaggi deve essere preso come uno spunto di riflessione, perché rappresentano volutamente punti di vista differenti, ma non universali. Le loro parole servono solo per costruire il pensiero dell’autore e dare voce alle conclusioni a cui è pervenuto dopo tante riflessioni.

Viviamo in una società che ci crea costanti bisogni e modelli da imitare per poter essere felici, così che anche la felicità viene vissuta come una meta da raggiungere ad ogni costo, ma una meta di cui in realtà abbiamo un’idea molto vaga. Siamo convinti che saremo più felici solo se ci avvicineremo ai modelli dei social, che lo saremo se soddisferemo i bisogni materiali, senza considerare che la felicità forse non è una meta, ma “un fine per vivere la vita”.

Per essere felici forse dobbiamo godere di ogni attimo, viverlo intensamente, imprimerlo nella memoria, sentirlo fin dentro l’anima e conservarlo nel cuore, per poterlo rievocare nei momenti di sconforto, che arrivano per tutti in fondo, perché siamo umani. La felicità non può arrivare dall’esterno. Se noi siamo i primi ad essere insoddisfatti e irrequieti, non sarà un oggetto a renderci più contenti.

La felicità è uno stato d’animo, uno stato di quiete interiore che permette di godere di ciò che ci circonda nella maniera più costruttiva possibile e che il più delle volte ha bisogno di una vita intera per essere raggiunto.

Queste sono tutte riflessioni dell’autore mescolate alle mie, perché è proprio questo il suo intento, riflettere e far riflettere su questioni tanto universali quanto personali, in quanto vengono necessariamente percepite in modo diverso da ciascuno di noi.

Perché, come afferma il mediatore della riunione alla fine del racconto “La realtà non esiste, tutto dipende da te”.

La nostra realtà siamo noi, noi la viviamo, noi la creiamo e solo noi abbiamo la capacità di farle prendere la direzione desiderata.

Voto: 3/5

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